';
side-area-logo
Complimenti a Marco Castellani, non possiamo che condividereRICORDO DI OSVALDO P…

[ad_1]
Complimenti a Marco Castellani, non possiamo che condividere

RICORDO DI OSVALDO PUGLIESE
da TQR 5, novembre 2001

Quando a Buenos Aires incontrai per la prima volta Osvaldo Pugliese, mi scusai: era una vergogna che non avesse mai suonato in Italia. Quel che per voi è vergogna, mi rispose, per me è rabbia. Qualche anno più tardi, quando su nostra intercessione la città di Palermo era ormai pronta non solo ad invitarlo, ma anche a conferirgli la cittadinanza onoraria, il Maestro ci lasciò all’improvviso. Era il 26 luglio 1995 ed eravamo a Cremona. Quella stessa sera Mariachiara Michieli e Alejandro ballarono in suo onore Recuerdo, Chiquè e Los mareados, davanti a duemila spettatori. Da parte mia, scrissi quanto segue.

Per il mondo del Tango era semplicemente “el Viejo” oppure “el Maestro”. Di sicuro fu maestro di tutti, vecchio non lo fu mai per nessuno. Semmai erano in molti a considerarlo eterno, o una settimana meno, come diceva Macedonio Fernandez.
Osvaldo Pugliese ha vissuto più a lungo di tutti gli altri grandi maestri; come Horowitz e Gil Evans aveva fatto della longevità musicale un’arte. Non esiste un tango che non gli sia passato tra le dita. Nel 1994 aveva festeggiato simultaneamente il 75° anno di attività nel Tango, il 70° anniversario di Recuerdo, il suo tema più celebre, e il cinquantenario della sua orchestra.
Visse tanto da conoscere tra i malanni che la vecchiaia inevitabilmente porta con sé anche la rombante solitudine della sordità senile. Questo fastidio non lo fermò: nel 1992 gli furono sufficienti quattro o cinque note di solo ne La cachila del suo prediletto Arolas per commuovere fino alle lacrime un affollatissimo Teatro Alvear, riempitosi per ascoltare il Viejo in uno straordinario concerto con i suoi antichi compagni del Sexteto Tango. D’altronde il vero strumento di Pugliese era la sua orchestra, che fondò nel 1939 e che mantenne fino all’ultimo. Da buon comunista ortodosso quale era, l’aveva organizzata in forma di cooperativa: tutti i musicisti venivano pagati secondo ferree tabelle di anzianità e le incombenze distribuite secondo le personali inclinazioni di ognuno. Per l’assegnazione dei ruoli musicali, però, vigevano criteri esclusivamente musicali. A volte si producevano confusioni inestricabili: il primo bandoneòn per anzianità suonava la parte del quarto bandoneòn seduto al posto che normalmente spetta al secondo bandoneòn. Forse anche per questi motivi, l’Orchestra Pugliese fu sempre considerata la migliore orchestra di tango del mondo, anche dai detrattori. Solo i ballerini più abili si azzardavano a ballare Pugliese, gli altri si sedevano ad ascoltare. La pulsazione estremamente plastica, le raffinate poliritmie, gli esasperati rubato ne facevano un’orchestra difficile, ma “linda para escuchar”.
Seguire la melodia di un tango, magari canticchiarla, è un placido esercizio cui ogni melomane indulge quotidianamente. Con Pugliese diventa arduo come seguire il corso di certi irreperibili torrenti di montagna che a tratti scorrono copiosi, poi scompaiono, si ripresentano due chilometri più a valle, sgorgano da una petraia, per poi incunearsi di nuovo nel sottosuolo. Pugliese come un mago nascondeva o rivelava, ma il più delle volte nascondeva: ebbe sempre la più grande considerazione per le note che non si suonano. Tollerava a malapena i cantanti, che in quegli anni gli erano commercialmente indispensabili, per questa loro mania di voler cantare tutto: non potendo omettere le sillabe, cantavano anche le virgole. Per i testi che metteva in musica, Pugliese non aveva la minima sensibilità. Se l’Orchestra era gloria pura, le canzoni facevano smagliare le calze. Non era una semplice questione di cattivo gusto: Pugliese era, perché voleva esserlo, poeticamente populista, nazional-popolare diremmo oggi, in quanto musicalmente era sofisticatissimo. Temeva forse di essere scambiato per uno di quegli intellettuali separati dalle masse, lui che si considerava piuttosto un “martillero”, un operaio della Musica Popolare e si vantava di essere uno spartachista. E dei più competenti, anche. Difatti, veniva spesso in Italia, uno dei pochissimi paesi in cui non suonò mai, sulle tracce dei genitori (papà Pugliese di Puglia, mamma piemontese) e dello schiavo ribelle Spartaco, che lui pronunciava Espartaco. Visitò più volte il Colosseo per ricordarsi di non stare mai dalla parte dei circenses. E doveva sentirsi un poco Espartaco quando a volte il regime peronista lo incarcerava, anche se solo per brevi periodi, vista la sua popolarità. In questi casi, l’Orchestra Pugliese suonava senza Pugliese, a pianoforte chiuso e con un garofano rosso sulla tastiera. Clavel rojo (Garofano rosso) è anche un tango dedicatogli da uno dei suoi migliori discepoli, Carel Kraayenhof, bandoneonista e direttore del Sexteto Canyengue, nonché fondatore del Dipartimento di Tango del Conservatorio di Rotterdam di cui Pugliese era preside onorario.
Come compositore non fu prolifico, ma scrisse per lo meno quattro tangos decisivi. Recuerdo, da moltissimi giudicato il più bel tango di tutti i tempi, lo compose nel 1924 a diciannove anni, aprendo tutta una nuova fase storica della musica di Buenos Aires, denominata Guardia Nueva. Venti anni più tardi, quando poté contare su un’orchestra finalmente sua, compose una trilogia di capolavori: La Yumba, Malandraca e Negracha, che contengono una sintesi di tutto il tango precedente e buona parte di quello che sarebbe venuto in seguito, Piazzolla compreso. Più che compositore, Pugliese fu distillatore e in questo fu simile a Thelonious Monk: entrambi operarono e modificarono l’essenza. Con Monk aveva in comune anche la particolarità del linguaggio metaforico con cui parlava ai musicisti: per spiegare una sincope diceva che erano le gambe di una ballerina. Il suo caratteristico marcato era un pesante armadio trascinato due volte per misura o anche il crollo intermittente dell’intero mobilio, sui tempi 1 e 3. Accanto a Pugliese, in più di cinquanta anni, suonarono innumerevoli eccellenti musicisti, alcuni indimenticabili: Osvaldo Ruggiero, bandoneonista principe, Enrique Camerano, primo violino per antonomasia, Emilio Balcarce, sommo arrangiatore e violinista, Aniceto Rossi, potentissimo contrabbassista. Per quanto fossero già musicisti di enorme talento, insieme al Maestro diventarono dei capiscuola, creatori di uno stile che segnò indelebilmente quasi tre decenni, fino cioè ai centrali anni ’60, anni in cui anche in Argentina cambiò tutto. Le oltre 600 orchestre di Buenos Aires sparirono frantumandosi in una miriade di piccoli gruppi economicamente meno impegnativi. Il tango strumentale si trasformò per sempre sotto le spinte del tango nuevo capeggiato da Astor Piazzolla e Eduardo Rovira, quello ballato fu abbandonato in favore di altri ritmi di provenienza anglo-americana. Pugliese sopravvisse. Più dura fu la diserzione di quei suoi compagni che formarono il Sexteto Tango: lo lasciarono praticamente senza orchestra e con l’amarezza del tradimento subito. Non si parlarono per dodici anni, fino alla celebrazione del 75° compleanno del Maestro, al Luna Park di Buenos Aires di fronte a 10.000 persone.
Osvaldo Pugliese fu celebrato nel 1985 anche al Teatro Colòn, ovvero la Scala argentina, in un memorabile concerto in cui gli riuscì di riunire in un’esaltante Yumba finale tutti i componenti della sua orchestra, compresi quelli che vi avevano militato anche solo per pochi mesi. Ma ciò che toccò il cuore di tutti, in quella serata, fu la commozione e l’orgoglio del vecchio Pugliese che ad ottanta anni era finalmente arrivato a portare la sua Orchestra, i suoi musicisti, la sua Musica del Popolo, proprio lì nel tempio della Grande Arte.
Era il nobile Espartaco, finalmente in Paradiso.

Marco Castellani, 1995
[ad_2]

Leggi il post originale

Sogni di Tango

La scuola ha l'obiettivo di promuovere il tango argentino in tutti i suoi aspetti.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi